Alfonso Caputo
Il suo nome lo chef lo deve al nonno, eminenza del paese e fondatore del locale, passato per plurime mani femminili prima di approdare nelle sue, raccogliendo un bel bottino di allori. Per lui niente alberghiero, ma ragioneria e tanta cucina con nonna Jolanda e mamma Grazia; a 14 anni già le affianca tutti i giorni dietro il pass, un’attività che si fa scelta di vita e lo spinge a perfezionarsi in vari stage, da Gualtiero Marchesi fino in Francia e in Giappone. Fa visita persino ad Ancel Keys nel buen retiro di Pioppi, per capire che sia davvero la “mediterraneità” di cui si parla… Un concetto troppo vago per il suo orgoglio campano, da temperare con uno zoom sul territorio, il giusto quid di ironia e qualche volo di fantasia per gradire.
I segreti del suo Pescatore sono vari: tanto per cominciare l’abnegazione di Alfonso, che spadella dalle 7 della mattina a mezzanotte, con una pausa brevissima dalle 16 alle 18. Poi la sinergia famigliare, con la sorella Mariella e il cognato Claudio in sala, mentre mamma Grazia resta una colonna in cucina. E soprattutto lei: Marina del Cantone, che gli fornisce materie prime con il marchio doc. Dall’umile pesce azzurro della baia, che arriva sulle barche di Amerigo, Antonio, Pasquale e Giuseppe ormai da 40 anni, fino agli ortaggi della vicina Gragnano, con le loro macchioline e la camicia di terra, a testimonianza di una coltivazione ruspante.
«La nostra non è una cucina d’avanguardia; noi cerchiamo innanzitutto di divertirci e di scansare la routine», racconta Alfonso. «Ogni mattina aspettiamo il prodotto perché è lui a far cambiare il piatto, suscitando l’idea per giocare in modo nuovo. Perché creatività non significa scimmiottare gli spagnoli o la molecolare: preferisco perdere la testa per ottenere lo stesso effetto, solo col prodotto naturale».
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