Giovanni Sorrentino

Giovanni Sorrentino

Giovanni Sorrentino è tornato a casa al termine di una fortunata parentesi salernitana (Vinile). Nel febbraio 2016 ha aperto Gerani «Nome scelto», ci racconta, «perché è l’anagramma di mia moglie Regina e perché è un fiore con 5 petali: quando lavoravo da Ducasse in Toscana, i francesi mi chiamavano le Cinq per le mie manone». Dopo un rodaggio di qualche mese, il cuoco ha preso le misure e ora è felice di esplorare ancora più a fondo produttori e prodotti di un territorio che conosce da bambino.

Mister birra (è andato in finale per ben 3 volte al Premio Birra Moretti Grand Cru) ora sta sviluppando una sanissima malattia per le verdure, un amore sincero e non di facciata, coltivato anche grazie all’aiuto della mamma, che cura a Sant’Antonio Abate un orto di 400 metri quadrati: «Mi rifornisce del 60% dei vegetali di cui ho bisogno al ristorante». Mica poco.  Da lì nascono piatti come il Timballo vegano (un involtino di verza con verdure in agrodolce, purea di sedanorapa, pesto di pomodori secchi) o il Risotto al peperone e riduzione di birra rossa (il ragazzo perde il pelo ma non il luppolo).

Ma il piatto che più di tutti fatica a togliere dal menu – che cambia pelle ogni 40 giorni – sono i Mezzanelli allardiati, una pietanza dei tempi che furono: è un formato di pasta tipo ziti, un pelo più piccolo delle candele, da spezzare a mano. Sono conditi con lardo («l’olio extravergine una volta era per ricchi»), San Marzano, peperoncino e pecorino romano. Memoria e contemporaneità.

 

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